Nicosia partecipò, con i suoi migliori figli, alla prima guerra mondiale: di essi, ben 215 non fecero ritorno nella loro casa; a tutti i caduti in tale conflitto, Nicosia il 24 novembre 1924 dedicò un monumento, scolpito da Pietro Piraino e realizzato presso la fonderia Laganà di Napoli: il comitato promotore dell’iniziativa era presieduto da Giovanni Cirino .
Durante l’epoca fascista, costituita la nuova provincia di Enna (anno 1927), Nicosia perse il ruolo di capoluogo di circondario (una proposta di erigere Nicosia a novella Provincia venne portata avanti dall`allora podestà La Motta, ma essa non venne però presa in considerazione).
Durante la seconda guerra mondiale, molti giovani nicosiani partirono per combattere sui vari fronti bellici stranieri. La Guerra d’Africa (1935-1936), voluta da Mussolini contro il parere della Società delle Nazioni, sottopose l’Italia a pesanti sanzioni (blocco delle esportazioni di materiale bellico e dell’importazione di materie prime, rifiuto di crediti, etc), cui il Governo Italiano rispose con la cosiddetta autarchia; tale avvenimento è ricordata in una lapide collocata nel Palazzo Comunale di Nicosia, sopra la porta esterna dell’attuale “Centro turistico”.
La Sicilia, nel 1943, inizio dell’epilogo della guerra, diventò zona strategica e sede del primo sbarco degli alleati, cui seguì una serie di bombardamenti aerei finalizzati a preparare la loro avanzata, che causarono parecchie vittime civili. Il più grave bombardamento per Nicosia fu quello del 22 luglio 1943, quando aerei americani colpirono l’ospedale, allora situato nella chiesa convento di San Francesco di Paola, causando la morte delle crocerossine Bruno Costanza, Cirino Maria e Bruno Lidia, che stavano aiutando i medici Carmelo Giaimo, Guglielmo D’Alessandro e l’anestesista D’Angelo ad operare un militare ferito.
Dopo la liberazione dal regime fascista e la proclamazione dell`Autonomia regionale siciliana, Nicosia visse anch`essa, come tanti altri centri dell`isola, un periodo di grandi speranze di sviluppo.
Nei Comuni, abolito il governo monocratico del Podestà con il DL del 4 aprile 1944, viene ripresa la figura del Sindaco, scelto fra i consiglieri comunali eletti dal popolo; Nicosia, che fino all`inizio degli anni ‘60 venne amministrata da esponenti del baronato (il barone Giuseppe Salomone fu sindaco dal 1952 al 1956) e poi della borghesia democristiana, riuscì a mantenersi ancora all`altezza della tradizione storica, mantenendo (nonostante la tendenza provinciale centripeta della città di Enna) la presenza del Tribunale, del Vescovado, delle Scuole Secondarie, dell`Ospedale Civico e di uffici zonali.
Negli ultimi decenni del XX e nei primi anni del XXI secolo, le speranze e le aspettative dei nicosiani continuano ad essere deluse: il progetto dell`asse viario nord-sud (che toglierebbe Nicosia dall’isolamento) stenta a decollare; una possibile zona industriale resta una chimera; l’agricoltura non decolla (anche perché i contadini hanno cromosomi ancora deformati dall’atavica sudditanza feudale che impediscono un salto di qualità imprenditoriale); le opere pubbliche e il rilancio dell`immagine della città, con il conseguente richiamo turistico, rimangono programmi pre-elettorali mai realizzati.
Ed infine anche l’ampio settore terziario nel campo dei servizi (scuole, ospedale, casa circondariale, tribunale e vescovado), che confermava Nicosia regina “sfumata” delle aree interne montane, inizia ad essere intaccato dalle scelte politiche nazionali: è infatti notizia dei nostri giorni la chiusura del secolare tribunale nicosiano.
G. D`Urso