Durante i primi quindi giorni di agosto (la “quindicina”), nella città (e soprattutto nel quartiere di S. Maria Maggiore) ruga pe` ruga si approntavano degli altarini con il quadro della Madonna, tovaglie bianche ricamate, fiori di ogni tipo e candele accese; davanti gli altarini si cantavano delle canzoni (alternando le strofe con altri cantori degli altarini dei vicini di “ruga”) e si recitava il rosario. I passanti venivano invitati a sostare ad ascoltare i canti, ad ammirare l’altarino e ad iscriversi al “Gaddeto”, una sorta di lotteria ante litteram della quale il quattordici sera si faceva l’estrazione.
Al Vespro, nel quartiere di S.M. Maggiore, partecipava tutta la popolazione; e sempre in questo quartiere, giorno quindici (menzagosto) si organizzava (e si organizza anche ai nostri giorni) la processione dell’Assunta, bella statua del gangitano Quattrocchi, alla cui conclusione seguiva (e segue) un ricco “casteo” (fuochi d’artificio) e “a musicata”.
Il “pranzo di menzagosto” era il più importante dell’anno per la ricchezza e l’abbondanza delle portate che erano quelle solite della cucina contadina nicosiana: in quel giorno non c’era nessuno che non mangiasse “o melon e o torron”.
A ricordo di tale peculiarità, gli anziani, oggi, dopo un lauto pranzo si esprimono ancora così: “Rrengrazia Dio, manco pe’ menzagosto”.